Nell’Ottocento non ci sono interventi pubblici sulla casa ma
solo interventi privati di tipo assistenziale,
cooperativistico o di mutuo soccorso che si realizzano nella seconda metà del
secolo, dopo l’Unità d’Italia a seguito del tardo sviluppo industriale
italiano. Accanto a questi interventi sporadici ci sono alcuni villaggi operai fatti
da capitalisti illuminati, vicino alle fabbriche, che si rifanno a modelli
inglesi, francesi e belgi. Vanno anche
ricordati alcuni interventi alternativi alla città storica, tutti d’ispirazione
socialista, in Francia e in Inghilterra soprattutto, e tutti fuori città, che hanno influenzato
l’architettura della casa economica nel secolo successivo. Le tipologie più
diffuse per le case operaie sono il villino plurifamiliare in periferia, il
blocco urbano pluripiano con piccoli cortili in città, e isolati di case a
schiera accostate . Diverse le sperimentazioni tipologiche della
ricerca socialista che miravano a costruire non case ma città-modello per nuove
comunità.
Rispetto all’epoca precedente,ora la rivoluzione industriale e
lo sviluppo tecnico scientifico indirizzano la società europea (telaio
meccanico e energia a vapore,) e rappresentano
i motori culturali , sociali ed economici del periodo . Le condizioni di vita,
salute, istruzione e lavoro, e l’abitazione delle classi povere e dei
lavoratori inurbati peggiorano notevolmente anche a causa dello sfruttamento della
mano d’opera senza vincoli. In particolare nelle città dove crescono gli
abitanti a spese delle campagne (gli immigrati di allora), s’ingrandiscono i
borghi fuori città, si formano le periferie e gli slums a causa della
immigrazione, si sviluppa la rete dei trasporti su ferro.
Un esempio tipico è la città di Manchester che passa dal 1790
circa al 1830 da 25.000 abitanti a 250.000, un urbanesimo sconvolgente che
Charles Dickens e Friedrich Engels raccontano dal
vero. Sul piano sociale i nuovi Stati nazionali costruiscono se stessi con un’ideologia
unitaria che rappresentano nelle proprie istituzioni: parlamenti, ospedali,
prigioni, cimiteri, biblioteche, chiese, teatri, usando forme eclettiche,
spesso classiciste, e dimensioni monumentali. Si rinnova il centro città, con
sventramenti e risanamenti, si rinnovano le abitazioni, si costruiscono o
ristrutturano gli edifici come case d’affitto, cioè da reddito, solo “ una superficie....tutto utile”
dove nessun spazio è sprecato.
Il capitalismo spinge la diffusione delle scoperte, delle
invenzioni e del nuovo stile di vita attraverso ricorrenti grandi Esposizioni Internazionali
(come le Expo) a partire dalla prima, quella
di Londra nel 1851, e che hanno molta risonanza culturale.
L’urbanistica è quasi assente nel disegno dell’espansione
urbana, salvo importanti interventi borghesi come i boulevard haussmanniani a
Parigi, Regents park a Londra, quartiere
Prati a Roma, via Po a Torino, Ringstrasse a Vienna, etc. Ma la periferia nasce
come terra di nessuno: nessuna regola, civile, sanitaria, morale, urbanistica; essa
è lasciata al puro lassez faire della politica liberale: depositi, fabbriche,
case, commercio, strade senza fogne, rifiuti, baraccopoli. Si verifica una
preoccupante congestione urbana che facilita epidemie di tubercolosi e poi di
colera, scarseggia l’acqua corrente, mancano fogne, attrezzature igieniche,
ventilazione negli ambienti, raccolta immondizie.
Per reazione allo
sfruttamento capitalista del lavoro nascono nuovi movimenti sociali di opposizione
e di riforma (attivismo religioso, socialismo, Arts and Crafts, etc.), che hanno
assai poco successo, come le associazioni di filantropi o di mutuo soccorso tra operai che mitigano di
poco i disagi della povertà. Ci sono anche tentativi di riforma sociale e progetti
di modelli di vita alternativa alla legge del profitto ad opera di socialisti
più o meno utopisti che realizzano comunità in
Francia (Fourier, Falansterio 1817, e
Godin il Familisterio di Guisa, 1884) e
in Gran Bretagna (Owen, villaggi armonia e cooperazione, 1817). L’architettura prende a prestito tutti gli
stili del passato: Gotico, Romanico, Rinascimento e li mischia e li usa come
vuole: le banche sono neoclassiche, le chiese neoromaniche o gotiche, le case cottage inglesi, ma per le sedi istituzionali
del nuovo Stato viene utilizzato spesso un classicismo rivisitato, romantico o
strutturale. La ricerca scientifica sviluppa
anche esperimenti tecnologici col ferro e col vetro: grandi ambienti, grandi coperture
per nuovi edifici per il grande pubblico, musei, biblioteche, etc. Si sviluppa
anche un filone funzionale ed ingegneristico che studia le funzioni e soprattutto le ragioni
della costruzione e dei materiali che influenzeranno i pionieri del movimento
moderno; questo filone disegna fabbriche
funzionali, case igieniche, ponti, strade , ferrovie, e quartieri d’abitazione, togliendo il superfluo
e riducendo lo spazio vitale.
L’indispensabile costruzione di case operaie in periferia per
i nuovi arrivati oltre ad essere un problema sociale era anche un problema
edilizio. Ingegneri sanitari studiano soluzioni per case economiche e salubri, diffuse anche attraverso le Esposizioni universali (H. Roberts, studi di case operaie e
un cottage a 4 famiglie con scala centrale alla Esposizione del 1851); ma la questione sociale dell’abitazione
rimarrà da noi irrisolta almeno fino agli anni settanta del Novecento.
In Inghilterra verso il 1870 si emanano le prime leggi a
favore di un’edilizia pubblica per le classi operaie che trova applicazione
verso il 1893 a Londra, ma le condizioni di vita operaia non cambiano. Lo sviluppo delle fabbriche talvolta produce per
volontà di padroni illuminati, anche villaggi per i dipendenti, vere città/fabbrica
con i servizi per il lavoro salariato (Crespi d’Adda, Schio, Leumann, Gualino etc). In
città iniziano a costruirsi edifici a blocco da affitto, tipo Mietskasernen, o
tipi a cortile molto piccolo con ballatoio, a doppio corpo, alloggi di due
stanze, tre persone a stanza, senza balconi e senza decori stilisti. A Napoli questi
edifici si realizzeranno e fine secolo al Vasto, all’Arenaccia per gli
sfollati del centro storico dopo il colera, ad opera della Società del
Risanamento.
Settori sensibili della società, capitalisti, nobiltà,
riformatori, banchieri, in risposta alle
condizioni deplorevoli e di sfruttamento della nascente classe operaia e dei
poveri abbandonati a se stessi, nelle
città dove si espande l’industria, come Milano e Torino, creano Associazioni Filantropiche , unendo capitale e lavoro,
cercano di realizzare concreti miglioramenti dello stato dei lavoratori e
dei poveri, con assistenza sanitaria, beneficienza,
formazione professionale, educazione civile, sostentamento e anche abitazioni
salubri Attività che in parte continuano ancora
oggi, con le Fondazioni bancarie come il
Banco di Napoli, Cariplo, san Paolo etc.
Casa
modello la Filantropica, Corso Amedeo di Savoia, Napoli , 1868
Marino Turchi , politico ed
ingegnere sanitario, fonda, insieme ad altri sostenitori intellettuali come
Matteo Schilizzi, la Società
Filantropica Napoletana per il miglioramento della classe lavoratrice. Utilizzando
donazioni di suoli e finanziamenti privati, realizza, su progetto di G. Fiocca nel
1868, una casa modello con circa 180 alloggi bi-esposizionali, posta in collina,
sulla strada per Capodimonte. L’assegnazione alle famiglie di lavoratori era
attenta e severa e richiedeva alcune condizioni di base: niente gioco
d’azzardo, ubriachezza, molestia pubblica, niente debiti e figli tutti a scuola
. (cfr.: S.Stenti, Napoli Moderna, città e case popolari, 1998, Clean, Napoli )
Milano via S. Fermo, 1862, Società di case operaie, bagni e lavatoi, F.
Sarti, C. Cereda, C. Osnago
E’ tra i primi esempi di edilizia
sociale a Milano. Realizzato tra il 1862 e il 1868 dalla “Società Edificatrice
di Case per operai, Bagni e Lavatoi pubblici” su progetto degli architetti Francesco Sarti, Carlo Cereda e
Cesare Osnago, il complesso si distingue per l'interessante scelta di non
ricorrere ai ballatoi esterni per la distribuzione, ma a scale indipendenti:
una scala due alloggi bi-esposizionali
di due vani ciascuno.
Milano, via Conservatorio, ora
Lincon, 1882, Società Edificatrice abitazioni operaie una specie
di società di mutuo soccorso con case cooperative, due isolati di palazzine
a due piani con giardino, e alloggi duplex; ora case borghesi rinnovate e molto appetite.
I Villaggi operai, Crespi d’Adda, Schio, Rossi,
Influenzate dall’Europa del nord, le Aziende in Italia costruiscono villaggi operai come a Schio, Leumann, Crespi che sono pensati come macchine per lavorare e
per abitare, dove i movimenti collettivi si sviluppano lungo percorsi
predeterminati, tra alcuni luoghi deputati […] e in tempi che lasciano poche
possibilità di varianti individuali. In compenso i villaggi offrono una “qualità
della vita” certamente superiore rispetto agli standard della classe operaia
tra 1870 e 1880, relativamente ad abitazione, servizi igienico-sanitari,
educazione, possibilità di svago
Il villaggio di
Crespi (circa 1000 abitanti nel 1900), 1878, è costruito attorno a
due assi perpendicolari: il primo, parallelo al fiume Adda, attraversa tutto il
paese fino al cimitero, simbolicamente collocato alla fine della strada; il
secondo, che s’incrocia col primo davanti all’ingresso della fabbrica, in un
punto che è anche il centro geografico del paese, collega il corpo centrale
degli opifici alla piazza alberata, luogo deputato per gli incontri e la vita
sociale degli abitanti. Le case operaie sono situate entro l’ordine di un reticolo
regolare di vie che fanno capo anch’esse alla fabbrica, il centro reale della comunità, dominata dall’immagine della
ciminiera, molto simbolica e sostitutiva di altri segni dell’autorità decaduti
come la torre medievale o il campanile. Si fa però ancora evidente riferimento
ai modelli di un potere tradizionale attraverso la presenza - in posizione
significativamente eccentrica rispetto alla griglia delle vie operaie - dell’abitazione del proprietario (un castello)
e della chiesa. La gerarchia viene formalizzata dalla ben più importante
dignità architettonica attribuita alle costruzioni che rappresentano il potere.
Villaggio Napoleone Leumann,
cotonificio, 1875-1972, Collegno, villette su due piani, orto giardino, una
piccola città ben attrezzata di servizi e divertimenti, architettura vernacolare,
da chalet svizzero, al centro la fabbrica, ampliamento , disegnato , doppia
fila di casette con piazzetta, tutto in
stile liberty da Pietro Fenoglio, a cavallo del secolo, circa 1893.1902
Villaggio Rossi , a Schio, edifici
industriali d’ispirazione franco-belga, A.
Rossi e discendenti, impegnati per molte generazioni, lanificio e
tessuti, Intervento di case nel paese di Schio, case di cortina a schiera, un “quartiere
nuovo” e “nuovissimo” non separato dal paese, ma solo case senza
commercio. Case cedute a riscatto agli
operai, al prezzo di costo. 200 alloggi,
1500 abitanti. Il quartiere è stato in parte snaturato da interventi successivi
Progetti dei
socialisti utopisti. Il familisterio di J. A. Godin meno
ideologico del falansterio di Fourier ma sulla stessa linea di pensiero di
riforma sociale alternativa. Era un tentativo di comunità societaria ordinata,
posta fuori la città e autonoma, fabbrica, case, servizi collettivi e teatro, che
voleva prefigurare una nuova società e una nuova città, eliminando la
contrapposizione tra città e campagna, tra lavoro salariato e proprietà dei
mezzi di produzione. Il progetto riproponeva una disposizione coma la reggia di
Versailles, come il falansterio di Fourier che aveva tre blocchi di cui quello
centrale dedicato spazi collettivi o pubblici, e quelle laterali a laboratori. L’esempio di Godin, forse l’unico esempio
alternativo al capitalismo industriale ebbe il merito di proporre un sistema
industriale e sociale ( 1200 persone) di tipo cooperativo che funzionò davvero
per molti anni. Quelle proposte influenzarono molte proposte sia della città
giardino e sia del movimento moderno, come l’Unitè d’abitation di L.C..
Le Esposizioni Universali, basate sui
progressi dell’Industria, sull’uso di nuovi materiali come il ferro e il vetro,
tra le altre cose, contribuirono anche a diffondere studi e proposte per l’edilizia
economica e le case operaie a partire dalla prima a Londra del 1851; l’ultima Expo è stata a
Milano nel 2015.
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