I programmi di
riqualificazione delle periferie non sono azioni che si realizzano in tempi
brevi. Disagio sociale e degrado
edilizio si sommano in una miscela che può vanificare facilmente qualunque
sforzo. Ma il nostro compito principale resta quello di porre mano a questo fallimento urbanistico che si è prodotto nei quartieri
pubblici del secondo dopoguerra e tentare di riqualificarli con operazioni pazienti e ad ampio raggio che possono durare decenni.
Non corrispondono
quindi questi interventi cosi lunghi, ai tempi corti della politica. Le
iniziative governative, regionali o comunali in questo senso producono
risultati solo dopo, tre, quattro
stagioni politiche di cui nessuno può vantare l’esclusiva.
Ai Comuni poi compete
portare avanti iniziative di altri e proporre nuove iniziative che altri
completeranno; ma a Napoli però sembra
che questo altalenante movimento non stia avvenendo.
Non solo non sono
sostenute le iniziative di riqualificazione in corso da tempo , ma non ne sono
proposte di nuove a dimostrazione di una trascuratezza e una mancanza d’interesse
per la periferia assai negativa.
Languono o sono
fermi tutti quei vecchi interventi compresi nei piani di riqualificazione
urbana come a Ponticelli, a Soccavo, a Poggioreale e al De Gasperi e sono in stallo gli interventi
per le Vele (ne parlava giorni fa su questo giornale, nelle lettere al
direttore, Antonio Lavaggi).
Non sto parlando
di progetti sulla carta, ma d’interventi finanziati per alcuni dei quali ci
sono cantieri aperti e fermi ed è possibile che i finanziamenti non impiegati rischino
di andare persi.
La politica potrà
trovare anche qualche escamotage per non perderli del tutto quei finanziamenti,
ma è la città più disagiata che ne subisce le conseguenze, sprecando quel tempo
che servirebbe per migliorare se stessa.
Non credo che questa
situazione sia il prodotto del pre-dissesto finanziario che sta attraversando
il Comune; i PRU di cui parlo sono stati
tutti finanziati, anzi qualche gara,
pure bandita, è stata annullata.
Ci sono poi iniziative
d’immagine che il Comune persegue e per le quali riesce ad ottenere
finanziamenti e nelle quali investe soldi propri che ai miei occhi appaiono di
pura visibilità mediatica ( Coppa America, Forum delle culture) ; cosi come ci
sono anche introiti che il Comune incassa dalla vendita del patrimonio pubblico
residenziale che purtroppo non vengono re-investiti nella casa.
Come è noto la
questione delle case a buon mercato a Napoli è una questione aperta, una
emergenza che dura fin dall’inizio del
Novecento. Mancano case e affitti a prezzi sostenibili in una quantità che è abnorme
rispetto alle situazioni abitative degli altri comuni italiani.
Inoltre, a
differenza di altre città che costruiscono ancora case sociali, noi possiamo
soprattutto, se non solamente, riqualificare l’esistente perché abbiamo già
consumato quasi tutto il suolo libero del nostro territorio e non possiamo
permetterci nuove urbanizzazioni.
Poche speranze infine
abbiamo che i privati, nell’ attuale forte
crisi edilizia, investano in
edilizia sociale senza congrui incentivi pubblici e purtroppo nessun
segnale positivo ci viene dalla attività di sostegno delle Fondazioni Immobiliari per il Social Housing locale che in città come Parma o Milano qualche piccolo quartiere a prezzi
contenuti pure costruiscono.
Un merito va
riconosciuto all’attuale Amministrazione, ed è quello di aver studiato e poi
trasformato in proposta di variante urbanistica (non approvata però) un aumento
delle residenze a scapito del terziario già previsto. Un’operazione urbanistica
per venire incontro al forte fabbisogno di case con aumento della percentuale
di residenze sociali, senza aumento delle cubature già
previste dal prg.
Purtroppo questo
studio, di cui si parlava già alcuni anni fa, se sarà trasformato in norma di
piano, arriverà in un momento di grave crisi del settore delle costruzioni. Una
crisi per troppa edificazione di nuove abitazioni (si calcola che dal 1998 al
2007 si sia costruito in Italia il 30% del patrimonio residenziale esistente)
che sommata alla crisi economica che attraversiamo, non potrà stimolare nessun
privato a intervenire se non vengono
previsti adeguati incentivi pubblici e facilitazioni.
E proprio perché Napoli fa
caso a sé nell’emergenza abitativa, un forte impegno a non perdere
finanziamenti, a trovarne di nuovi e ad attivare forme concrete e adeguate di
partenariato pubblico privato sono le sole azioni politiche indispensabili per
rilanciare la trascurata riqualificazione delle periferie
<<Repubblica Napoli >> 19.1.2013