domenica 8 aprile 2012

Bagnoli ... bene comune

Bisogna tener conto delle ultime due novità su Bagnoli se si vuole ragionare su come e quando si realizzerà il grande progetto verde previsto al posto della gigantesca acciaieria dismessa nel 1991.
La prima novità è che, dopo due gare andate deserte, nessuno può illudersi che, mantenendo le attuali condizioni, gli investitori privati siano interessati a Bagnoli; la seconda è che, finalmente, la responsabilità della bonifica  della spiaggia  e del mare non è più sparsa tra Enti statali che non l’hanno fatta, ma  sarà gestita direttamente dal Comune di Napoli  cui dovranno essere trasferiti i finanziamenti.
E’ evidente che alla luce di questi fatti è urgente conoscere le intenzioni dell’amministrazione cittadina su come intende muoversi per programmare il completamento del grande progetto urbanistico. 
Costruire la nuova Bagnoli- Coroglio con soldi pubblici è stato un desiderio irrealizzabile.  Già nel 1993 si prevedeva per i suoli liberati un’occasione di sviluppo urbano per circa 300 ettari, con parchi, spiaggia, ricerca e porto turistico; una specie di risarcimento alla città che la politica s’incaricava di guidare come se fosse una rinascita: niente speculazione, solo un bellissimo luogo dove andare  in vacanza, aria salubre, suolo bonificato, spiaggia e mare puliti.
Questo sogno che la città ha visto liquefarsi anno dopo anno  ha incontrato molte difficoltà  oggettive e soggettive come la diminuzione del flusso di denaro pubblico , il crescente costo e le difficoltà della bonifica dei suoli e della spiaggia, l’assenza dei privati e insieme  un’incertezza sul progetto generale che non sembra ancora del tutto eliminata.
 Aiuti europei considerevoli e finanziamenti pubblici anche ridotti e a singhiozzo non sono bastati a coprire l’aumento dei costi di un progetto cosi vasto per un sito molto inquinato. Un progetto tutto pubblico, simile al PSER del 1980,  ma partorito  negli anni novanta era stato il  frutto di una visione statalista che già allora mostrava  tutti i segni della non sostenibilità. Le stesse scelte urbanistiche approvate con la Variante del 1996 e poi col PRG erano volutamente superficiali sul fabbisogno abitativo e sognavano per la città un’economia terziaria e di ricerca.  Prevedere per Bagnoli, ma anche per tutta la periferia, di costruire poco e quel poco soprattutto con uffici poteva andar bene forse per Milano ma non per Napoli. Ma tantè,  quelle norme di PRG sono ancora valide  anche se sono state di poco variate nel 2009 dalla giunta Iervolino per la sola Bagnoli,  per cercare inutilmente di attrarre  investitori privati.
I ritardi della bonifica dei suoli sono stati decisivi nel posporre ogni altro intervento sull’area e soprattutto la spiaggia e il mare inquinati si sono rivelati temi di bonifica più difficili del previsto compresa quella rimozione della colmata che, decisa per legge, non ha trovato ancora soluzioni pratiche. Spetterà ora al Comune occuparsi di questo, proponendo soluzioni praticabili e tempi accettabili.  Quello che non è auspicabile è rimanere nell’incertezza paralizzante di polemiche sul modo della bonifica, o attardarsi a discutere di posizioni  ideologiche o demagogiche tipo NINBY ( non nei miei terreni) che portano solo all’isolamento dalla comunità nazionale.  
L’accumulo di questi ritardi e la mancanza d’infrastrutture hanno inciso fortemente sull’attendibilità dei tempi della riqualificazione e hanno allontanato gli investimenti privati.
Ma il quadro della Bagnoli del futuro è reso più incerto anche dalla mancanza di un master plan pubblico di come sarà, ad opera completa, tutta l’area.  Purtroppo il progetto Cellini, pur approvato nel 2007, non è diventato un master plan vincolante. Credo che sia un segno d’incertezza politica e arretratezza culturale pensare che si possa realizzare un intervento di riqualificazione di tale dimensione con gli indici di costruzione (come previsto dalla Variante urbanistica del 1996) come se il disegno 3D dello scenario finale della nuova Bagnoli-Coroglio non fosse, esso stesso, parte del suo possibile successo. 
Ogni città europea (l’esempio di Amburgo è molto istruttivo) ha capito che il successo di operazioni di riqualificazione di grandi aree dismesse  poggia su stabilità di decisioni, alta sinergia con i  privati  e  progetti di qualità  dove il pubblico si riserva il compito di costruire un quadro complessivo e le  infrastrutture  necessarie e  guida poi le realizzazioni secondo un disegno a tre dimensioni tanto dettagliato nelle parti pubbliche e nelle volumetrie quanto libero nell’architettura dei privati.
A me pare che il giudizio negativo che si percepisce in città riguardo a Bagnoli Futura, per nulla modificato dal piccolo e attraente auditorium  sia perfettamente motivato da una lunga  e costosa gestione della cosa pubblica che non ha prodotto i  benefici auspicati. Soprattutto i troppi ritardi della bonifica e le previsioni di parchi non sostenibili hanno minato l’attendibilità delle promesse politiche. In particolare i parchi previsti, di un’ampiezza fuori misura (160 ha), pongono domande concrete sulla capacità economica di realizzarli e di gestirli. I precedenti napoletani non incoraggiano di certo: il Comune ha lasciato inselvatichire il parco De Filippo a Ponticelli (10 ha) per carenza di manutenzione  fino ad un punto tale che  esso è oggi inutilizzabile e chiuso. Vorremmo essere smentiti dalle capacità gestionali, di uso e ricerca di risorse pubbliche che la nuova amministrazione afferma in continuazione di possedere; applicarle a Bagnoli e vincere la scommessa ereditata  sarebbe un grande merito.  
(Repubblica Na 7.4.2012)