Ogni tanto balzano alla cronaca episodi di rabbia
sociale da parte di chi aspetta da anni un alloggio popolare o un contributo al
fitto. Roma ma soprattutto Milano appare il centro di questo disagio sociale
italiano nel senso che lì la protesta è più forte ma anche le risposte del
Comune appaiono più impegnate che
altrove. A Napoli invece tutto è abbastanza tranquillo se non fosse per piccoli
episodi, anche accaduti di recente al Comune (Repubblica 16.4.015) e infondo
alimentati dalla rara disponibilità di circa 200 alloggi riqualificati a
Ponticelli che, sembra, dovranno essere assegnati agli abitanti del rione De
Gasperi.
Nel 2005 fu fatto un concorso internazionale per la demolizione
e ricostruzione del degradato e inquinato rione, ma pur in presenza di un
ottimo progetto vincitore e di un finanziamento disponibile, è mancato fino ad oggi l’innesco del processo, cioè la disponibilità
di alloggi liberi in zona, per iniziare
l’avvio dell’assegnazione-trasferimento dei residenti e la conseguente riurbanizzazione del rione De Gasperi.
A confronto delle circa 17.000 richieste per un
alloggio pubblico esistenti a Napoli, gli alloggi realizzati in questi ultimi
anni, sono quasi nulla al confronto e frutto di passate gestioni amministrative. Ciò
che va sottolineato purtroppo è che non
esiste un programma di riqualificazione di edilizia sociale che l’amministrazione
attuale abbia messo in campo e perseguito.
In singolare sintonia con il governo del paese, la
riqualificazione delle periferie e gli alloggi sociali sono spariti dall’agenda
politica, relegati sostanzialmente a temi di ordine pubblico e di assistenza
sociale più che a politiche di programmazione per il futuro delle nostre città.
Credo che questa sia una scelta veramente miope che
pagheremo caro: stiamo spingendo parti considerevoli di popolazione verso un’opposizione
frontale allo Stato, il quale si mostra incapace e svogliato nel fare politiche
di welfare e di riqualificazione delle periferie. Un po’ tutte le periferie si assomigliano
e in fondo richiedono le stesse cose: un
miglioramento della vita ordinaria che altri paesi europei, come Germania e Francia,
praticano già da oltre un decennio con programmi combinati di welfare e
riqualificazione .
Appare quindi doppiamente dannoso avere
finanziamenti per riqualificare e non
riuscire spenderli, vuoi per incapacità, indifferenza o sottovalutazione
del problema.
Nel 2005 la Regione Campania finanziò tre
programmi di recupero a Ponticelli, Soccavo e Poggioreale dei quali nessuno è
stato realizzato. Erano programmi difficili e nuovi, che univano insieme interessi
pubblici e interessi privati , ma il
Comune, cosi come anche nel caso Bagnoli, non è stato in grado di portarli a termine, anche a causa di un PRG inadatto,
che scoraggia il residenziale mentre incentiva un terziario poco richiesto.
Ancora due anni or sono, nel 2013, l’ex assessore
De Falco, era fiducioso che si potessero aprire ampi spazi alla
riqualificazione napoletana, puntando sui privati e riconoscendo nel contempo
la difficoltà a completare i pochi
programmi sociali ereditati dalla giunta precedente ( Repubblica
20.1.2013). Ma le sue speranze purtroppo non si
sono avverate.
Anche il programma di dismissione, approvato nel
2006 ma attuato dal 2012, di circa 13.000 alloggi pubblici su un totale di
circa 40.000 posseduti, ha portato e porterà
nel tempo considerevoli introiti
nelle casse comunali . La legge prevede
che la vendita degli alloggi pubblici sia reinvestita nello stesso campo e non debba
servire a fare cassa: scelta politica che è praticata con successo dagli inizi
del novecento in ambito europeo. Per
quello che si sa, gli introiti già incassati non sono stati impiegati a tale
scopo e non ci sono programmi futuri noti.
Il tema è semplicemente scomparso: periferie,
alloggi pubblici a basso fitto, riqualificazione dei quartieri, welfare, sono diventate
parole troppo vecchie.
Senza dirlo, i nostri politici ed amministratori,
sperano che sia il mercato a trovare le
giuste soluzioni. Non temono les banlieues italiennes!
( repubblica 18.4.2015)