lunedì 7 ottobre 2024


Se lo Stato rinuncia alle case popolari 

L’Italia non è un paese per poveri, scrive, adattando un famoso titolo di Cormac Mac Carty, il docente, politico e scrittore, Isaia Salis (Repubblica,  8.2.2024) ed ha ragione! E’ come se la povertà fosse considerata una specie di colpa del singolo e non una questione sociale che dovrebbe essere affrontata e mitigata. Ma come architetto mi preoccupa il poco sostegno che lo Stato ancora oggi riserva alle case pubbliche sia per ristrutturarle sia per costruirne di nuove. I finanziamenti del PNRR sono un vero rebus soprattutto se si guarda agli interventi predisposti per le case pubbliche incernierati sulle regioni, sui comuni e su altri enti residenziali.  Il governo, in accordo con Bruxelles, non aveva finanziato nuove costruzioni ma aveva dichiarato che avrebbe dato impulso, attraverso la riqualificazione edilizia pubblica, al tessuto produttivo e sociale dei territori con lo scopo di ridurre la iniquità sociale.

Il governo aveva previsto interventi di riqualificazione per circa 11.000 alloggi; ma ad oggi c‘è moltissima incertezza e confusione nell’uso di questi fondi. Sembra cioè che i fondi rimasti siano troppo esigui per fare investimenti ampi nell’architettura sociale, nei beni collettivi, nelle case pubbliche.

Dopo la crisi del 2007-08 e dopo la pandemia da Covid del 2020 il numero dei poveri è aumentato di parecchio in Italia. L’inflazione è cresciuta, sono aumentati anche i prezzi delle case a libero mercato e gli stipendi sono rimasti fermi, mentre la quantità di case pubbliche è rimasta più o meno la stessa di prima.

Purtroppo non è una novità il disinteresse statale per le case sociali.

Già nel Novecento, lo Stato si è fatto poco carico nel promuovere la sostenibilità sociale ed economica delle famiglie in difficoltà. Le case pubbliche realizzate in un secolo sono state appena il 3,8 del totale nazionale contro una media europea che arriva al 17%. Lo Stato è stato anche poco interessato a sostenere un’equa distribuzione del benessere, le cui conseguenze sono arrivate fino ad oggi e di fatto ostacolano lo sviluppo del paese.            

 Sergio Stenti

Repubblica  9 giugno 2024

Nessun commento:

Posta un commento