giovedì 14 gennaio 2016

Social Housing

C’è un generale degrado delle periferie delle grandi città nel nostro paese, degrado non solo fisico, ma come evidente al sud, anche civile, prodotto da quel mancato intreccio tra istruzione, educazione civica e sviluppo economico.
Di questo degrado alcune città italiane, compresa la capitale, sono lucente specchio , ma i Governi degli ultimi trent’anni hanno ignorato la questione della riqualificazione urbana che, dal 2008, si è sommata ad una emergenza abitativa per fasce piccolo-medio borghesi senza precedenti.
La richiesta di alloggi sociali e di alloggi con affitti sostenibili si è fatta molto ampia e purtroppo totalmente insoddisfatta. A tale crisi urbana si sta aggiungendo un nuovo tassello, la richiesta di alloggi da parte di decine di migliaia di migranti-profughi che saranno regolarizzati. Come spesso ci capita saremo completamente impreparati a questi prevedibili accadimenti e le conseguenze negative si avranno in primis sulla vivibilità delle periferie. Alcune capitali europee hanno strategie efficaci per non collassare; la città Berlino, per esempio, l’anno scorso ha finanziato un programma di 28.000 alloggi sociali, il cui numero è quasi pari a tutti gli alloggi pubblici programmati ma non realizzati in Italia dal 2006.
Anche in Italia esistono però differenziazioni, alcune città, più sensibili al problema, stanno cercando di porre qualche rimedio: Torino e Milano, in primis, hanno in corso iniziative concrete e ampie. Niente a che vedere con Napoli dove un pur misero piano di realizzazione di alloggi sociali a Ponticelli e Soccavo, ereditato dalla giunta Jervolino, è stato soppresso dall’attuale amministrazione.
Attualmente il Governo, forte del notevole successo fiscale ed economico avuto, intende prorogare il Bonus casa, il bonus che riguarda la ristrutturazioni degli alloggi, il miglioramento energetico e gli arredi. Sembra anche che, oltre alla proroga, il Bonus venga ampliato ai possessori di case popolari e agli arredi di case in fitto da giovani coppie.
Sono ampliamenti decisamente positivi perché includere tutti quelli che hanno riscattato le case degli Enti, e i recenti acquirenti delle case popolari che abitavano (sono 180.000 alloggi), consente benefici a larghi strati di popolazione e ai giovani, dando un po’ di fiducia nel futuro.
Ma oltre il successo fiscale, la politica della casa non riesce però ad andare.
Come è noto lo Stato e per esso le Regioni, per motivi diversi l’uno dall’altra, hanno smesso da trent’anni di costruire case popolari o sociali come le chiamano oggi. I finanziamenti previsti dai piani casa del 2009 e del 2014 non hanno ancora dato risultati concreti a causa anche della complicata burocrazia regionale. La coppia Stato-Regioni non riesce nemmeno a costruire o a ristrutturare in tempo le case finanziate e il divario tra le necessità sociali e la politica si allunga aggravando l’emergenza nelle periferie.
In più la periferia soffre di una pessima realizzazione la cui responsabilità storica ricade sia sulle leggi permissive dei governi passati sia sui comportamenti urbanisticamente irresponsabili delle amministrazioni comunali. Oltre quindi agli alloggi degradati e dispendiosi energeticamente, la periferia ha necessità di una riqualificazione urbana mai iniziata. Il punto di vista del governo, di guardare solo o prioritariamente agli alloggi, fa dimenticare gli edifici e i quartieri, fa dimenticare cioè i luoghi comuni o pubblici, dove si vive: strade, verde, spazi liberi, trasporti e servizi sociali.
Non si vede ancora un cambio di passo nella trentennale politica di immobilismo della politica della casa. L’unica novità di rilievo è data dai fondi per il Social Housing, fondi privati istituzionali, che si stanno espandendo solo al nord e stanno realizzando interessanti opere sociali, dalle case per studenti agli alloggi per giovani coppie a fitti calmierati.
Sono progetti dove concorrono privato e pubblico, dove il tempo tra progettazione e realizzazione è ancora troppo lungo, circa cinque anni, ma dove una lungimirante politica di ampliamento dei fondi e delle procedure potrebbe supplire ad un ritardo paralizzante, stimolando anche al sud la diffusione di questo nuovo strumento sociale.
(Repubblica Na  settembre  2015)